Ipercorpo 2019 :: La pratica quotidiana


Per la sedicesima volta in quattordici anni vi chiamiamo a raccolta insieme a tutta la comunità di Ipercorpo per proporvi sostanzialmente sempre la stessa cosa, declinata secondo le specificità del teatro e della danza, della musica e dell’arte. Certo, Ipercorpo è profondamente cambiato, nell’estensione temporale, nelle aperture alla dimensione urbana e internazionale, nella diversificazione della chiamata che non vuole distinguere e selezionare ma unire e generare incontri, inaugurando anche a una grande festa per i bambini e le loro famiglie nella domenica di chiusura. Ciò che non è cambiato è un invito a concedersi davvero il lusso di uno spazio e di un tempo di attenzione. Un rapporto vivo e immediato con la comunità istantanea che contribuirete a formare, abitando i luoghi che abbiamo immaginato per voi. Nell’epoca della distrazione di massa la proposta si fa ogni anno più ardua. Nonostante ciò riteniamo sia sempre più interessante coglierla e misurarsi con essa.


Il titolo di quest’anno nasconde un pericolo. Il diktat generalizzato è legato alla velocità costante del cambiamento, al ribaltamento immediato delle idee, dei metodi, degli sguardi. La cloaca comunicativa ha fame di strategie sempre nuove e in costante accelerazione. Dunque quale valore può avere una pratica quotidiana? Siamo in grado di poterla esperire davvero? Oppure dobbiamo arrenderci all’imperativo della interruzione e della distrazione da qualunque cosa? Anche da noi stessi.


Un artista che stimo mi disse che non aveva e non cercava un metodo, perché il metodo è una cosa lenta. Altra cosa è una pratica, una qualità del fare legata alla ripetizione, alla costanza, ad una forma che percepisco come silenziosa e che si prende spazio nel tempo. E lì fa scoperte. La pratica quotidiana come potente attrezzo di scoperta.
La pratica quotidiana che riconosco in maniera più chiara dopo qualche decade di lavoro artistico è completamente fondata sulle relazioni. Calata nella realtà di Ipercorpo essa riguarda artisti, organizzatori, tecnici, curatori, finanziatori e coloro che accettano la chiamata negli spazi e nei tempi del festival.


Ecco le mura più solide. Ecco lo spazio realmente abitabile costruito nel tempo. Questa casa immateriale, pazientemente eretta, questo scavo archeologico al contrario, che di archeologico ha il tempo lento e la cura necessaria per fare affiorare un universo fragile, è la cosa più solida e più concreta di cui disponiamo. È, in definitiva, il vero deposito da custodire.


Claudio Angelini


SEZIONE TEATRO



Transiti e intersezioni


Patrimonio, padre, percorsi su quel che rimane, sulle nostre radici ma anche sui nostri bisogni più profondi. L’edizione 2019 di Ipercorpo ha pensato una sezione di performing arts che attraversano esperienze estetiche e dinamiche sociali in cui il pubblico entra in dialogo non solo con gli artisti ma anche con la comunità. Da Generazione gLocale di Zona K, che coinvolge un gruppo di adolescenti di seconda generazione, a Kid’s Houses di Renzo Francabandera che invece dialoga con i bambini rendendoli protagonisti di un percorso installativo sul tema della casa, da Claudia Castellucci che apre le porte ad un processo creativo di lungo respiro ai Muta Imago che condividono con gli spettatori un percorso laboratoriale sul territorio. E poi un punto di raccordo tra tutte queste riflessioni: Agrupation Señor Serrano con Birdie, uno spettacolo di grande attualità che rilegge il tema delle migrazioni in parallelo con uno dei capolavori del cinema di Hitchcock. Il circo contemporaneo attraversa la sezione tradizionale di Ipercorpo e segna l’incontro con la new entry “Ipercorpo Family”, intera giornata pensata e realizzata insieme ad Accademia Perduta/Teatro Diego Fabbri: dal Portogallo con Joao Paulo dos Santos alla Finlandia con Ilona Jantti, passando per un susseguirsi di spettacoli per i più piccoli, da Il gatto con gli stivali di Accademia Perduta/Romagna Teatri a DEsPRESSO di Collettivo Clochart.


Claudio Angelini, Valentina Bravetti, Mara Serina


SEZIONE MUSICA




Concerti e Audiario


“Caro DF, siamo dunque giunti a LA PRATICA QUOTIDIANA. Attraversare il quotidiano dandosi una pratica, significa normarsi. Farlo coscientemente, senza deroghe, se o ma. Raccogliere lo scarto del tempo quotidiano, che è sedimento, perché tra soluto e solvente, ciò che conta è quel che si deposita. Ogni giorno. Pazientemente RICERCARE, analizzare, catalogare, ricordare. REVERSE. Dimenticare, sapendo di poter tornare nel luogo eletto di conservazione del pensiero a riprincipiare la ricerca o sperando di poterlo fare. Di nuovo, ad libitum, ma non sfumando. Ecco perché l’attenzione all’ascolto, in ogni suo angolo, minuzia e parte, resta un cardine di quello che abbiamo voluto divenisse il nostro percorso di SCAVI e sperimentazione in quest’ambito. 2019: Concerti live, Audiario. Cosa si nasconde nelle pieghe del tempo ordinario, cosa accade scindendo e ricombinando gli attimi, come appropriarsi del suono che ci circonda senza armarlo, consentendo inopinatamente che fluisca dentro di noi, ma che non sosti? Quale regola darsi, per costruire, ancora una volta, una nuova esperienza d’ascolto?”. (EG)


Davide Fabbri, Elisa Gandini


SEZIONE ARTE




La pratica quotidiana – mostra


Anche quest’anno la Sezione Arte reagisce alle suggestioni del titolo, e non si traduce in una vera e propria mostra, ma in un dispositivo in movimento, in costante evoluzione nei giorni del festival, uno spazio di lavoro quotidiano, dove le opere – in gran parte interventi site specific – costituiscono una specie di controcanto, di contrappunto, ad alcuni mo- menti dialogici: tra gli artisti, presenti all’interno dello spazio per tutta la durata del festival, e tra gli artisti e il pubblico, invitato ad una lunga e (quando possibile) reiterata frequentazione dello spazio.


Le opere inoltre reagiscono alle sollecitazioni del luogo – l’Oratorio di San Sebastiano – e alle sue articolazioni, talvolta contaminandosi e attivandosi reciprocamente: un grande tavolo posto al centro dello spazio, ad esempio, ospita lavori di piccolo formato (disegni e pagine di appunti, ma anche frammenti di opere non finite o irrisolte) anche eccentrici rispetto alle poetiche di ognuno degli artisti, e rievoca la dimensione dello studio, lo spazio della pratica quotidiana, il luogo di un procedere incerto, frammentario, sorprendente, di un fare non progettato.


Davide Ferri




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