Verso sera⎪Mattia Pajè


a cura di: Davide Ferri
intervento di: Mattia Pajè

Mattia Pajè, ragno annidato in Fatina, 2019, argento, courtesy Fondazione SmART Polo per l’arte, Roma

Anche quest’anno la Sezione Arte reagisce alle sollecitazioni del titolo del festival, e lo traduce in una proposta di fruizione delle opere, in un qui e ora dell’esperienza dell’opera, che fa da controcanto alla dimensione performativa del festival, all’irrinunciabile rapporto tra corpo dell’opera e corpo dello spettatore.
La sezione si intitola Verso sera e include gli interventi di Alfredo Pirri, Sergio Breviario, Adelaide Cioni e Mattia Pajè, uno per ognuna delle giornate del festival, dal giovedì alla domenica, all’interno di uno spazio suggestivo, adiacente a quello dell’Ex deposito ATR: l’arena estiva del Cinema Apollo, costruita all’inizio del secolo scorso con vaghe influenze Art Déco, collocata al centro di un cortile privato del centro storico, da tempo dismessa, e utilizzata, fino al 1977, per spettacoli teatrali e cinematografici.
Gli artisti invitati a questa edizione partecipano a Ipercorpo per la prima volta, appartengono a generazioni diverse e hanno sviluppato pratiche che non appaiono legate in modo esclusivo a un medium specifico: il lavoro di Alfredo Pirri (Cosenza, 1957) è emerso alla fine degli Ottanta, con la sua partecipazione alla Biennale di Venezia (1988), e si articola, con lavori bidimensionali e installazioni, attorno all’idea di un “colore luce” e di un “colore materia”; la poetica di Sergio Breviario (Milano, 1974) sovrappone scultura e disegno e può approdare a una dimensione in cui i due medium interagiscono tra loro in forma performativa fino a coinvolgere il corpo di attori e/o spettatori; il lavoro di Adelaide Cioni (Bologna, 1976) nasce dal disegno e mostra figure semplici – motivi astratti, decorativi, pattern, motivi vegetali o riconducibili al reale – che, pur replicate in forma bidimensionale (in stoffe cucite su tela o in proiezioni di disegni su diapositive), sembrano appropriarsi dello spazio come “colori volumi”; Mattia Pajè (Melzo, 1991) contamina medium diversi per via di approcci eterogenei, associazioni inaspettate, all’insegna delle sollecitazioni degli spazi in cui è invitato a esporre.
Se vi è dunque un luogo dell’opera, l’ex arena del Cinema Apollo toccata, in forme diverse, dai lavori esposti, c’è anche un tempo dell’opera: un intervento per ognuno dei quattro artisti e delle giornate del festival, da visitare “verso sera”, o dall’imbrunire – All’imbrunire è anche il titolo dell’opera di Alfredo Pirri che inaugura la rassegna – tra le 19 e le 20, da coloro che vorranno farsi accompagnare dalle parole degli artisti, o successivamente in piccoli gruppi prima e dopo gli spettacoli del festival.


L’artista ⎪ Mattia Pajè

Mattia Pajè è nato a Melzo (MI) nel 1991. Il suo lavoro è caratterizzato dall’uso di molteplici materiali e approcci che si adattano alle situazioni in cui si trova ad agire. L’interesse di Pajè si concentra sui processi di produzione e di fruizione delle opere, il suo corpo di lavori, esteso e diversificato, comprende opere pittoriche, scultoree, installative, multimediali e performative. La sua ricerca, sotto forma di progetti specifici, residenze, mostre personali e collettive, ha ricevuto l’attenzione di numerose istituzioni pubbliche e private, tra le quali: Fondazione Smart – polo per l’arte, Roma, 2019; Suburbia Contemporary Art, Granada, 2018; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato, 2017; Piramidon Centre d’Art Contemporani, Barcellona, 2017. Nel 2019 è tra gli artisti selezionati per il progetto Grand Tour d’Italie, al MAMbo di Bologna. Nel 2016 fonda, assieme a Filippo Marzocchi, lo spazio Gelateria Sogni di Ghiaccio, a Bologna, che ospita mostre e progetti legati all’arte contemporanea visiva, sonora e performativa.