KIVA


con: Eleonora Sedioli
ideazione, macchine e luci: Lorenzo Bazzocchi
tecnica: Angelo Generali p
produzione: Masque teatro
con il sostegno ed il contributo di: MiC, Regione Emilia-Romagna, Comune di Forlì, Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì

ph. Luca Del Pia

Kiva è il nome con cui gli indiani Hopi del New Mexico designavano, ancora agli inizi del ventesimo secolo, la stanza segreta delle iniziazioni. Luogo sotterraneo, inaccessibile se non ai capi clan dell’antilope e del serpente, la kiva accoglieva e custodiva i serpenti catturati vivi nel deserto e qui chiamati a partecipare ad una trasfigurazione che Aby Warburg descrisse mirabilmente nella sua nota conferenza
«Il rituale del serpente», tenuta il 21 aprile del 1923, presso la clinica Bellevue diretta da Ludwig Binswanger.

Figura o corpo. Né una né l’altro. Solo ectoplasmi. In bilico com’è tra distanziazione e prossimità, il corpo:figura segue da vicino i diversi passaggi della sparizione, si guarda dall’alto del suo stesso sguardo, e si vede disfarsi, sino al dissolvimento.
Nella moltiplicazione dei corpuscoli elementari un nuovo organismo prende forma, generantesi come inviluppo o bozzolo o membrana che avvolge il corpo che già non è più. Non si tratta di concepire il movimento della figura come una modifica o l’attualizzarsi di uno stato, ma come il manifestarsi sincronico di energie multiple condensantesi sul corpo che infine cessa di esistere.
Siamo quindi in quattro, corpo, figura, immagine, ectoplasma o fantasmale. Questo l’ordine delle apparizioni. Una polarità binaria, lineare, sequenziale, causale. Nel gioco temporale delle mancanze e degli abbandoni, le onde del rimosso si frangono su di una barriera incorporea che oppone loro solo la parvenza di un rigetto. Un’onda che vibra sul posto, che materializza il ricordo, che fa riemergere il perduto, che sopravvive a sé stessa. 
Da qui in poi quello che osserviamo lo incorporiamo. Redivivi, sopravvissuti allo scarto vitale cui stiamo assistendo, ci avviciniamo. Non esiste comunque alcuna comunione, e ciò sarebbe da subito chiaro se si riuscisse come terzi a guardar dall’esterno quella scatola: i destini sono separati e lo sono stati sin dall’inizio, addirittura prima che tutto nascesse, prima dell’intenzione, della necessità, infine della trasformazione. Che non è passaggio di stato, mutamento proteiforme o camaleontico, è divenir altro, anzi esser-divenire leopardo. Dice «help me» l’animale umano di Annihilation, ma lì si tratta di trasformazione indotta, di trasmutazione genetica, qui di rifasamento, di ridistribuzione delle energie, di ricollocamento delle linee generatrici del cristallo.
Di fronte alla dimenticanza di sé, al susseguirsi ininterrotto degli abbandoni e degli inevitabili ritorni, abbassiamo lo sguardo, e sussurriamo tra noi, che viva, e, infine, che ci protegga. La trasfigurazione è sintomo di santità. Superfluo dire che si tratti di altra specie di venerazione: piuttosto di un trasporto senza condizioni, estasi della caduta.
Al pari del corpo dell’uomo su cui Étienne Jules Marey aveva apposto il bottone d’argento, destinato a lasciare di sé sulla lastra fotografica solo una traccia luminosa, la nostra creatura abbandona gli abissi e diviene luce, pura energia in movimento.

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Masque teatro nasce nel 1992. La forza del lavoro della compagnia si esprime nel complesso dialogo tra il discorso filosofico, la creazione di prodigiose architetture sceniche e il fondamentale ruolo della Figura. Gli spettacoli prodotti dalla compagnia si sono distinti sin dalle origini nel panorama nazionale ed internazionale, ed hanno aperto una possibilità che identifica non solo una cifra stilistica, ma anche una nuova modalità produttiva e una rinnovata relazione con il pubblico.
Le creazioni di Masque sono state ospitate in Italia e all’estero. Nel 2000 ricevono l’Ubu premio speciale della giuria per il progetto Prototipo e nel 2002 il premio Francesca Alinovi all’attività artistica. Nel 2014, con i filosofi Carlo Sini e Rocco Ronchi, danno vita alla scuola di filosofia Praxis. Nel 2015 inaugurano il nuovo teatro Félix Guattari a Forlì. Dal 2018 sono una delle cinque realtà regionali del progetto Residenze Artisti nei Territori promosso dal Mibact; nel 2019 danno vita a Corpo:Pathos, stagione di teatro e danza al Guattari. Dal 1994 curano ed organizzano Crisalide, festival di arti performative e filosofia.